giovedì 13 settembre 2012

Le magnolie di Giuseppina e i kaki di Verdi

 
Giuseppe Verdi in un ritratto giovanile di Stefano Barezzi


Centoquarantacinque anni fa, il 13 settembre del 1867, Giuseppe Verdi scriveva a Paolo Marenghi, il factotum di Sant’Agata, dandogli precisi ordini per la costruzione di un «berceau» nel giardino per «coprire il gioco delle bocce». A completamento della missiva, inviava tre piccoli schizzi.
Verdi si trovava a Parigi. Il 21 marzo dello stesso anno era andata in scena all’Opéra la prima rappresentazione in francese del Don Carlos. Mentre la prima italiana sarebbe avvenuta di lì a poco, il 27 ottobre, al Gran Teatro Comunale di Bologna.

A raccontare di quella lettera al Marenghi, che nelle sue mansioni prendeva spesso iniziative che scontentavano il Maestro, è Francesco Cafasi, scrittore e storico dell’agricoltura. Ne accenna nel suo libro Giuseppe Verdi, fattore di Sant’Agata, pubblicato nel 1994, quasi come pendant al volume di Maurizio e Letizia Corgnati dedicato -  una decina d’anni prima - ad Alessandro Manzoni, fattore di Brusuglio.
Cafasi nota che la lettera di Verdi era «listata di nero per la morte del padre Carlo, avvenuta nel gennaio dello stesso anno». Quel padre che aveva aiutato il figlio quando, di ritorno dal primo periodo parigino, aveva messo gli occhi sulla proprietà di Sant’Agata, nel piacentino.

Sant'Agata, ingresso alla Villa da L'Illustrazione Italiana, 1887
Era il I Maggio del 1848.
Quel giorno il giovane 
compositore grazie
a una permuta       
e all’aiuto del padre aveva 
acquistato la tenuta dove avrebbe
trascorso lunghi periodi 
della sua esistenza 
con Giuseppina Strepponi,
famosa soprano divenuta 
sua compagna 
dopo la tragica morte 
dei due figliolini 
e della prima giovane moglie,
Margherita Barezzi.

Verdi scambiò il Pulgaro, 
ovvero il “pulciaio”, un podere che aveva comprato quattro anni prima alle Roncole con il compenso ottenuto per la prima dell’Ernani alla Fenice di Venezia e divenne proprietario delle «possessioni» della signora Rosa Guindani e dei suoi figli, i signori Merli: « possessioni assicurate in biolche 350… con tutte le sementi, invernaglie, pali per le viti, di più le quattro grandi botti di circa 50 brente l’una, tre delle migliori e più grandi tine e la gran mesta o macchina nell’Ongina per irrigare l’ortaglia… ».

Là, fra i filari di ciliegi e gli esotici noci  venuti dal Caucaso, il Maestro si sarebbe dato anima e corpo ai lavori della campagna. Una passione che, negli anni in cui si costruiva l’Italia, aveva già contagiato Manzoni, Cavour e Garibaldi. Sull’onda di un forte interesse di stampo illuministico per le scienze agrarie, ma anche grazie alla visione romantica della natura, i quattro padri della patria avevano una vocazione comune: la terra.                                                                   

Sant'Agata, il romantico viale dei platani aperto sui campi, da L'Illustrazione Italiana, 1887
                                                                         
A Sant’Agata Verdi si alzava all’alba, scriveva, componeva, inviava cesti di rose all’amica Clarina Maffei, ma soprattutto si dedicava alle colture dei campi e alla creazione del parco.  Dirigeva inoltre, con piglio darchitetto, il restauro della villa e delle case coloniche destinate ai contadini.
La contessa Clara Maffei, ovvero l'arte dell'amicizia, ritratta da Hayez

          

«Il suo amore per la campagna è divenuto mania, follia, rabbia, furore, tutto ciò che si può immaginare di più esagerato. Egli si alza al nascere del giorno per andare a esaminare il grano, il mais, la vigna. Rientra morto di fatica e allora come trovare il modo di fargli prendere la penna?». Ecco quanto scriveva all’editore parigino Léon Escudier nove anni dopo, il 4 luglio 1857, Giuseppina Strepponi.


Giuseppina Strepponi in un delizioso ritratto di K. Gyurkovich
 
Preso dai lavori nei campi, dalla costruzione di argini per difenderli dalle piene del Po, dai cavalli e dalle vacche che lui stesso valutava e acquistava nei mercati fra Piacenza e Parma, e soprattutto dal divertimento che gli dava la creazione del giardino, Verdi sembrava trascurare il lavoro di compositore. 

All’origine di quella passione c’era, certo, un forte attaccamento alla terra natìa. Del resto Giuseppe Fortunino Francesco Verdi era nato fra le nebbie, il 10 ottobre 1813, nella modestissima casa di Roncole di Busseto, vicino a Parma. La famigliola viveva al primo piano, appena più salubre, dato che le alluvioni del Po erano frequenti.                     
Al piano terreno suo padre teneva una piccola osteria con bottega dove vendeva sale e commestibili, mentre la madre Luigia Uttini, che faceva la filatrice, si occupava anche della casa e dell’orto.


                
Angelo Formis, La casa natale di Giuseppe Verdi alle Roncole di Busseto

Ma, oltre alle esortazioni della Peppina, come il musicista chiamava affettuosamente la compagna che lo aveva pregato con insistenza di trovare per loro una casa per stabilirsi in campagna, un ruolo rilevante in quella decisione indubbiamente l’ebbe il piccolo giardino parigino di Passy, nido d’amore del Maestro e Giuseppina, dopo che nel 1847 s’erano rivisti sulle rive della Senna.

Verdi allora era in procinto di dirigere all’Opéra Jérusalem, adattamento in francese, con libretto di Royer e Vaëz, de I Lombardi alla prima Crociata. È là, in quel sobborgo parigino, dove poco dopo si sarebbe stabilito anche Rossini,  che i melomani collocano la nascita della verdissima vocazione verdiana. Una sana mania che il musicista coltiverà tutta la vita.

Basta andare in una bella giornata di fine estate a Sant’Agata e gironzolare fra il giardino e il frutteto per capire come Verdi, nato nella povera casa di Roncole di Busseto, ma diventato grazie al suo genio cittadino del mondo, abbia saputo condensare nella profumata residenza di campagna fra il Po, l’Arda e l’Ongina il gusto per  il nuovo stile all’inglese e  la passione per l’agricoltura, favorita ove possibile con le prime innovazioni tecnologiche. 


Il laghetto con i romantici cipressi di palude, che formano
alla base i pneumatofori, detti anche "ginocchioni"


Il parco, da lui ideato, è il delizioso campionario di un giardino romantico.
Il piccolo ponte rosso sul lago non ha nulla da invidiare al ponticello “alla giapponese” costruito poi, negli anni ’90, da Monet ai bordi dello stagno di Giverny.
Il laghetto è circondato dai Taxodium distichum, conifere diritte e imponenti che prediligono gli argini dei fossati. Chiamati cipressi di palude, questi alberi provenienti dalla costa orientale degli Stati Uniti, sviluppano alla base i “pneumatofori”, sorta di protuberanze-boccaglio che servono alle piante – sostengono i botanici - per catturare ossigeno là dove il terreno argilloso e compatto rischierebbe di provocare l’asfissìa delle radici.
Ma altre piante il Maestro ordinava da Sant’Agata l’11 marzo 1868 alla Ditta dei Fratelli Burdin di Milano: «120 Platani, 6 Pinus laricio, 3 Taxus hibernica, 1 Pinus Benthamiana, 1 Sequoia gigantea, 1 Quercus fastigiata, 1 Quercus Banisterii, 2 Magnolia grandiflora, 1 Maclura, 6 Aleagnus reflexa, 12 Kalmia, 12 Anemoni japonica», per citare solo le più suggestive fra quelle elencate da Cafasi nel suo libro.

La «pozzanghera che onorerò», scriveva Verdi all’amica Clara Maffei, «col pomposo titolo di Lago quando potrò avere acqua per riempirla», ricorda oggi altri esempi dell’epoca: dal laghetto dei Giardini Pubblici disegnato a Milano dal Balzaretti al romantico stagno dei Giardini Margherita a Bologna. Ma non è vero, come favoleggia la gente del Po, che lo specchio d’acqua  abbia la forma di una G intrecciata alla V come un liquescente monogramma.
La colonnina di pietra che ricorda l'amato Lulù,
piccolo maltese dal pelo candido



Voluta da Verdi
e da Giuseppina            
è invece la tomba di Lulù, 
piccolo maltese dal pelo candido 
sepolto nel giardino sotto 
una colonnina di pietra
con la dedica: 
«Alla memoria d’un vero amico». 
E insieme a Black, Yvette e Moschino, gli altri
amatissimi cani da caccia
del Maestro, tale doveva essere se,
all’interno della casa
fra gli spartiti, le lettere,
le caricature e i ricordi,
campeggia un “ritratto”
della bestiola firmato Palizzi. 





Black, Yvette e Moschino, adorati cani da caccia di Verdi in una cartolina di L. Metlicovitz edita da Giulio Ricordi nel 1913

Ma la chicca del giardino, squisitamente gozzaniana, è l’aiuola a forma di cuore che si riempie fra aprile e maggio di teneri tulipani gialli e rosa antico. Attorno rimangono le eleganti chaise-longue smaltate di bianco dove Verdi amava riposare. Le ombreggia un salice piangente, rimembranza forse della “Canzon del Salice” cantata da Desdemona nell’ultimo atto dell’Otello. 
 
Le eleganti chaise-longue del Maestro davanti all'aiuola dei tulipani. Sullo sfondo e qui sotto il salice piangente







A primavera il giardino si veste di luce. Sono le infiorescenze degli ippocastani e delle paulonie. Più tardi il dolce effluvio dei tigli, che Gian Carlo Conti, poeta di Parma, definiva con nostalgia il «profumo di casa mia» e l’aroma citrino delle magnolie dicono che è in arrivo l’estate.
  

Le magnolie per Giuseppina

Come Manzoni, che le aveva piantate nel giardino milanese di via Morone, Giuseppina adorava i fiori candidi e carnosi della Magnolia grandiflora.

Superbo, purissimo fiore di Magnolia grandiflora,
pianta prediletta dal Manzoni e da Giuseppina Strepponi


Per compiacere l’amata, Verdi chiede un giorno ad Angelo Mariani, direttore d’orchestra e compositore, di procurargliene una decina per Sant’Agata. «Dopo aver girato tutti i giardinieri e le serre di Genova», il povero Mariani si reca alla stazione con il suo boschetto ben confezionato. «Ma non ha calcolato» spiegano Maurizio e Letizia Corgnati nel bel libro Alessandro Manzoni, fattore di Brusuglio, «le dimensioni del bagagliaio. Il pacco, alto tre metri, non ci sta. Il capostazione consiglia Mariani di portarsi via l’enorme ingombro e di ritornare la mattina dopo per caricare il tutto sul merci». Le piante sarebbero state collocate in un vagone aperto, coperte da un telone, poiché «erano impagliate e le scintille che provenivano dalla locomotiva avrebbero potuto procurarvi un incendio». Mariani scrive la sera a Verdi raccontandogli le sue peripezie. Verdi gli risponde: «Se non sei partito, se non hai spedito le piante, invece di dieci mandane dodici… ». 

Angelo Mariani in un disegno di Focosi conservato al Museo della Scala

L’amicizia fra i due s’incrinò. La causa non furono le magnolie, ma artistici dissapori e romantiche rivalità per la bella Teresa Stolz, famosa Aida e splendida interprete del Requiem. A lei Verdi dedicò la prima pagina della partitura, conservata al Museo teatrale della Scala di Milano.

Verdi nella quiete di Sant'Agata contempla il "Lago" dialogando con i due cigni bianchi

Composta nella quiete di Sant’Agata e diretta trionfalmente dall’autore  nella chiesa di San Marco a Milano la sera del 22 maggio 1874, nel primo anniversario della morte dello scrittore, la Messa da Requiem è il magnifico, commovente  addio dell’agnostico Verdi al credente Manzoni. Il primo con la sua musica, i coretti, i drammi, le passioni, i grandi personaggi femminili, il secondo con la lingua colta e popolare, i suoi eroi, le sue descrizioni del paesaggio  lombardo, i racconti della peste e di Milano, hanno contribuito a fare dellItalia una nazione.

Manzoni e Verdi  accostati in un'incisione del 1874 in occasione della Messa da Requiem. Museo teatrale della Scala



  
E i kaki per il Maestro

Verdi andava matto per i kaki. Ecco la sua lettera di ringraziamento ai Fratelli Ingegnoli, proprietari della ditta di giardinaggio fondata nel 1817. Primi a importare a Milano quegli alberetti dal Giappone, ne avevano inviato una cassettina a  Sant’Agata.


Catalogo dei Fratelli Ingegnoli del 1896 con una giapponesina che offre i kaki


Sant’Agata,
Busseto
21 Marzo 1888

«Ricevetti la cassettina con
entro i sei kaki, e la
gentilissima lettera.
Io non posso che ringraziarvi
della squisita gentilezza ed
augurarvi che presto sia anche da noi
conosciuta ed apprezzata
questa pianta i cui frutti
sono splendidi.
Con tutta stima saluto».
Dev.
G. Verdi


Verdi nel 1887 in un bel ritratto a pastello di Francesco Paolo Michetti
                                                               





Note e precisazioni sulle illustrazioni e le foto


Giuseppe Verdi nel 1836. Disegno di Stefano Barezzi.
Sul verso la scritta “Verdi Giuseppe ritratto da Stefano Barezzi
fratello di Antonio”.
Conservato a Busseto, Casa Barezzi - “Amici di Verdi”.
Scansione tratta dal libro Per amore di Verdi, 1813-1801 - vita, immagini, ritratti, Istituto nazionale di studi verdiani. Grafiche Step Editrice, Parma.

Sant’Agata, Ingresso principale alla villa, incisione da “L’Illustrazione italiana”, numero unico «Verdi e l’Otello», 1887. Tratta dal libro di Francesco Cafasi Giuseppe Verdi fattore di Sant’Agata, Fondazione Cassa di Risparmio di Parma e Monte di Credito su pegno di Busseto.

Sant’Agata, Villa Verdi, Il romantico viale dei platani verso i campi, incisione da “L’Illustrazione italiana”, numero unico «Verdi e l’Otello», 1887. Tratta dal libro di Francesco Cafasi Giuseppe Verdi fattore di Sant’Agata, Fondazione Cassa di Risparmio di Parma e Monte di Credito su pegno di Busseto.

Francesco Hayez, ritratto della Contessa Clara Maffei (1814-1886) conservato a Riva del Garda, Museo Civico. Scansione tratta dal libro Per amore di Verdi, 1813-1801 - vita, immagini, ritratti, Istituto nazionale di studi verdiani. Grafiche Step Editrice, Parma.

K. Gyurkovich, ritratto di Giuseppina Strepponi (1815-1897), famosa soprano e compagna di Verdi. Conservato a Busseto, Casa Barezzi - “Amici di Verdi”. Scansione tratta dal libro Per amore di Verdi, 1813-1801 - vita, immagini, ritratti, Istituto nazionale di studi verdiani. Grafiche Step Editrice, Parma.

Angelo Formis, La casa natale di Giuseppe Verdi, olio su tela, 78 x 50 cm, conservato a Milano al Museo teatrale alla Scala. Scansione tratta dal libro Giuseppe Verdi, l’uomo, l’opera, il mito - A cura di Francesco Degrada, Skira.

Il laghetto del giardino di Villa Carrara Verdi a Sant’Agata, foto di Marta Isnenghi

La tomba di Lulù, piccolo maltese dal pelo candido sepolto nel giardino sotto una colonnina di pietra con la dedica: «Alla memoria d’un vero amico», foto di Marta Isnenghi.

Black, Yvette e Moschino, cartolina illustrata da L. Metlicovitz, edita da Giulio Ricordi nel 1913. Tratta dal libro di Francesco Cafasi Giuseppe Verdi fattore di Sant’Agata, Fondazione Cassa di Risparmio di Parma e Monte di Credito su pegno di Busseto.

Aiuola a forma di cuore, che si riempie fra aprile e maggio di teneri tulipani gialli e rosa antico, ombreggiata dal salice piangente. In primo piano le chaise-longue e i divanetti del maestro.  Foto di Marta Isnenghi.

Il romantico salice piangente. Foto di Marta Isnenghi.

Magnolia grandiflora tratta da hoardedordinaries.wordpress.com.

Angelo Mariani. Disegno di Focosi. Milano, Museo teatrale alla Scala.
Tratto da Giuseppe Verdi, Autobiografia dalle lettere, a cura di Carlo Graziani, A. Mondadori Editore.

Incisione con Verdi e Manzoni, accostati in occasione della Messa funebre dedicata dal M. G. Verdi ad A. Manzoni. 1874, Milano, Museo teatrale alla Scala. Scansione tratta dal libro Giuseppe Verdi, l’uomo, l’opera, il mito - A cura di Francesco Degrada, Skira.

Verdi e i cigni, davanti al laghetto nella quiete di Sant’Agata. Cartolina illustrata da L. Metlicovitz, edita da Giulio Ricordi nel 1913. Tratta dal libro di Francesco Cafasi Giuseppe Verdi fattore di Sant’Agata, Fondazione Cassa di Risparmio di Parma e Monte di Credito su pegno di Busseto.

Fratelli Ingegnoli, Milano 1896. Catalogo delle Sementi e Piante.
Stab. A. Bertarelli - Milano, illustrazione tratta dal libro Fratelli Ingegnoli, I segreti del Giardiniere, Rizzoli.
Francesco Paolo Michetti, Ritratto di Giuseppe Verdi, 1887, pastello su cartone, 54 x 40 cm, Busseto, Collezione Stefanini. Scansione tratta dal libro Giuseppe Verdi, l’uomo, l’opera, il mito - A cura di Francesco Degrada, Skira.

Marta Isnenghi ha pubblicato un altro articolo  sullo stesso tema, intitolato Un giardino Verdissimo, sul Corriere della Sera del 30 marzo 2001.

3 commenti:

  1. BRAVA MARTA HO APPREZZATO E GODUTO L'OTTIMO TESTO E LE IMMAGINI, BELLA RICERCA. LO SFONDO DI MORRIS E' MOLTO APPROPRIATO! BETTA

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  2. Grazie Betta,
    il tuo giudizio per me è importante, lo sai.
    Chiara prima di partire per l'America mi ha impostato in cinque minuti questo blog. Pensavo che non sarei stata capace neanche di cominciare a usarlo. Invece mi diverto a scrivere e a scansionare le immagini. Ho letto anche l'articolo di Marco sul suo blog. Come sempre è bravissimo. Efficace e malinconico.
    Un bacio a tutti voi.

    Marta

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  3. Belissimo!!! ho la voglia di andare urgente a Sta Agata....

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